“Eravamo quattro amici al bar”. Potrebbe cominciare così un breve viaggio nella memoria, lungo quasi un mezzo secolo. In effetti il bar era una stanzetta, poco più di uno sgabuzzino, fornita di fornello elettrico e moka in una palazzina rossa, a Roma in Via Contarini, davanti al maestoso Palazzo della Farnesina, la “casa” dei diplomatici.
In via Contarini avevano sede, dai primi anni settanta, alcuni uffici della “ Cooperazione allo Sviluppo”, costola del Ministero degli Esteri e la palazzina rossa viveva il viavai di un manipolo di corpi estranei (al mondo diplomatico), cooperanti ed esperti che si mettevano al servizio della diplomazia italiana nei Paesi in Via di Sviluppo (PVS): infermieri e medici, geometri e ingegneri, esperti di formazione e di pozzi, agronomi, docenti universitari, un variegato manipolo insomma, che nel servizio di cooperazione trovava una vasta gamma di motivazioni da ideologiche a economiche,
Via Contarini è stata una tappa importante nella storia della cooperazione italiana ed io ho avuto la possibilità e la fortuna di viverne un certo numero di anni sia pur lavorando all’estero.
Alla Cooperazione sanitaria arrivai nel 1974 grazie ad un accordo tra la Università di Pavia e l’Università di Makerere, benedetto e finanziato dal M.A.E. che al tempo non disponeva di tanti bracci operativi e dunque incoraggiava la realizzazione di progetti in paesi “difficili” e l’Uganda di Idi Amin Dada, dopo la cacciata degli asiatici, asse portante della struttura medica universitaria, indubbiamente lo era. Rientrato dopo tre anni a Pavia pensavo di aver chiuso con una esperienza forte e che aveva inciso sul mio percorso personale e professionale, ma i casi della vita mi offrirono la opportunità di ripartire, e fu allora che nacque l’amicizia del bar. Nella palazzina rossa ebbi modo di conoscere quei “tre amici” Guido, Agostino e Ranieri, ai quali desidero dedicare queste righe.
Eravamo nei primi anni 80 e finita la gestione “Murino”(dal nome di un simpatico generale della Finanza finito chissà come a coordinare il comparto socio-sanitario di Contarini), stava nascendo l’IMT (Italian Medical Team) frutto della intuizione e della visione (con un occhio a Medicins sans Frontieres) di Guido.
Solida preparazione accademica e sul campo (in Tailandia) e grande organizzatore, Guido prese in mano il settore socio-sanitario della Coperazione e con il contributo di validi collaboratori in pochi mesi mise in funzione una pacifica macchina da guerra che affrontò con successo situazioni di emergenza sanitaria e avviò importanti progetti strutturali in diversi PVS, diventando in poco tempo il fiore all’occhiello della nostra politica estera in quei paesi. L’IMT funzionò così bene che ad un certo punto, dopo tentativi di scopiazzatura, (qualcuno ricorderà il F.A.I), diplomatici e politicanti ne decretarono la morte.
Per Guido l’IMT è stato il trampolino per una carriera fulminante che lo avrebbe portato alla testa di uno dei migliori servizi di Protezione civile europeo, che con il terremoto del 2009 raggiunge l’azimuth. Poi le note disavventure giudiziarie lo indussero sparire per un certo tempo missionario in Africa. Così almeno ci dicono i media. Il Covid lo riporta in Italia come Alto Consulente di alcuni progetti, primo tra tutti la riconversione covidica di alcuni padiglioni di Fiera Milano.
Anche gli altri due amici del bar hanno fatto carriera: Agostino, si fa le ossa a Makallè, e poi lavora in posizioni di alta responsabilità dapprima al MAE, poi alla Protezione Civile e infine alla Unione Europea. Terminato l’ultimo incarico offre la disponibilità a mettere il suo bagaglio di esperienza al servizio dello Stato, (anche con messaggi su FB) apparentemente senza risultati. Decide allora di abbracciare Emergency, fino a quando il Covid-19 lo catapulta ancora una volta sul palcoscenico mediatico. Un Santo protettore speciale gli evita probabilmente ustioni devastanti in Calabria.
Ranieri sviluppa una splendida carriera ministeriale, con qualche incursione istituzionale nel privato, che lo porta finalmente ad essere uno dei “numeri due” del Direttore Generale della OMS con un occhio particolare per la situazione italiana in tempi di pandemia, e a incrociare le armi con l’armata di Report.
Nel corso degli anni, ci siamo persi di vista, o meglio loro hanno perso di vista me… Ebbi modo di incontrarli l’ultima volta all’inizio del secolo. Agostino nel suo ufficio della Commissione a Brusseles, Guido nel porto di Sidi Bou Said a Tunisi, dove mi trovavo per lavoro, a bordo di un bi (o tri) alberi, Ranieri quando ancora operava all’Istituto Superiore di Sanità.
Perchè ne parlo?, per augurare a tutti e tre buona vita e che un giorno, spente le luci della ribalta, possano trovare piacere anche loro nell’arte del cazzeggio, quello buono intendo, così importante per riempire il cesto del benvivere.
L’età per un dignitoso ritiro, almeno secondo i parametri del Presidente Toti, mi pare ci sia…
Con affetto a tutti e tre
Adriano.