Statistica Sanitaria fu uno dei primi esami che “passai” alla fine del primo anno di Corso a Medicina. Ricordo perfettamente l’incipit della prima lezione. Il Professore entrò, salutò e fu salutato (ai tempi così funzionava) e ci disse che avrebbe parlato di “garbage”, si insomma di “spazzatura”. Per lui, che rientrava dopo una lunga permanenza di ricerca all' estero, la statistica, era strumento per leggere, intendere ed elaborare relazioni tra numeri e proporre dei risultati. E dunque se i numeri introdotti nel sistema erano inattendibili, spazzatura appunto, i risultati statistici ottenuti avrebbero avuto il valore di spazzatura.
Il Professore se ne andato da molti anni ormai, ma spesso di fronte ad analisi statistiche incontrate della mia vita professionale, lo ho ricordato. Da quando ci troviamo in emergenza Covid non c’è giorno che non mi ritorni alla mente l’olezzo della “basura”.
Certo gli strumenti di cui possiamo disporre per maneggiare numeri sono incredibilmente più potenti, veloci e performanti rispetto a quelli della metà degli anni sessanta (penso che molti dei lettori più maturi ricorderanno la grande innovazione delle prime schede perforate…). ma sulla qualità dei dati, quando c’è ancora di mezzo una interfaccia umana nel processo di raccolta e inserimento nel sistema, le riserve sono ragionevoli.
Quando poi l'inserimento dei dati è "deviato" per disegni “politici” e per sostenere tesi o antitesi di esperti multidisciplinari diventati ormai i “pilastri” di narrazioni più o meno vicino alla realtà delle cose, la statistica può offrire elementi di giudizio non utili o dannosi.
Da un pò di tempo ormai quando do uno sguardo ai “numeri” della pandemia e alle curve e onde che ne derivano, provo un leggero malessere e ringrazio il Santo Protettore che ancora non mi ha tolto la possibilità di odorare il lezzo della “spazzatura” e ricordo con affetto Suor Costanza, la suora-ostetrica che mi fece nascere, la quale diceva che statisticamente per mangiare un buon pollo bisogna essere in due. Tu e il pollo.