A spasso per il Cammino Inglese

L’autunno è dolce a  Ferrol.
Mi accompagna l’alba nera mentre mi avvio verso il porto di una città guerriera e marinara:
Arsenale, e caserme bandiere e uniformi, stamberghe e birrerie, marinai in cerca di pronta compagnia. Una notte? poche ore? non importa: piacere assicurato.
Una birra, un chupito, il resto è scordato. Ferrol, città nobile, casco urbano abbandonato a emigranti e gatti, presenze effimere in strade deserte.
A Ferrol ti ho infilata nel mio zaino e siamo partiti. Darsene e calette e argini, il porto, la raffineria e i cantieri, scenografia perfetta per una città di mare e marinai.
Pontedeuma mi aspetta: sole alto, ancora caldo (ho camminato spedito…) azzurro il cielo turchese è il mare e brillante.
La branda mi accoglie e culla i miei sogni: la pace della notte blu mi avviluppa, continuo il mio viaggio tra sogni e fantasmi, rincorrendo equilibri  resi precari, dalla asimmetria  di un tempo così forte e prezioso  del Cammino che inseguo.
Si tinge di rosa l’alba nera di Pontedeuma Tessere e i tasselli sono riordinati in un quadro duro come la pietra di queste chiese medioevali che mi scorrono accanto nel Cammino verso Santiago.
E allora guardo  alla luce rosa che accende l’alba nera di Pontedeuma inondando di colori prati e foreste e cielo e prego che un poco,  almeno, di quella luce entri nel mio cuore, lo illumini  indicandomi la via da seguire…
Attraverso le verdi vallate  tra Pontedeuma e Miño e cammino solo con me scavando negli angoli più reconditi di mente e cuore alla ricerca di un io che troppo poco si parla e troppo poco si ascolta.
Tra Mandes e Mendo, mi aspetta Betanzos patria dei Kallikoimi. Terra di lunga storia e popoli eroi, inebriata dal buon vino delle sue valli, cittadina elegante, chiese preziose, palazzi con splendide anime. Umanità della gente. Betanzos,piacevole tappa sulla via di Santiago
Mentre il Cammino fluisce accanto e la terra ribatte ai miei passi,e il cielo mi copre col suo manto prezioso, procedo sicuro. Il viaggio è già il premio. Mi parlo e mi ascolto nel silenzio dell’anima, il cuore in tumulto, lo scheletro attento e pronto a riconoscere, con sensori finissimi, ostacoli e sfide che ad ogni momento possono fare male
E’ come la vita,il Cammino: un viaggio che solo ha di certo il destino. Ed io, viandante in un mondo in salita osservo ed aspetto.
La punta del vecchio bastone  batte sull’asfalto, segnapassi dello scheletro nella sua marcia  lenta e sicura verso la meta. Forte è il rumore del ritmico impatto, batte  sulla pietra di una strada antica, romana,  lisciata dall’usura del tempo e batte sulla terra compressa del sentiero inumidita dalla rugiada di una notte di luna piena di ottobre, quasi in silenzio.
La punta del vecchio bastone batte sulla sabbia  di una spiaggia bellísima, ma inospitale e non lo sento perchè il vecchio bastone mi  accompagna, adesso, verso la leggerezza  dell’essere.
Non ho fretta di arrivare. L’Obradeiro mi aspetta con il suo selciato, materasso di piume per gli scheletri di pellegrini e viandanti, lasciati cadere al suolo, finalmente appagati.
Non ho fretta di arrivare. l’ultimo ostello mi aspetta, cubicoli accoglienti di barca approdata alla Pietra dopo il viaggio, non importa quanto lungo, le vele riempite da tutti i venti della rosa.
Non ho voglia di arrivare e mi soffermo a guardare la colonnina, contachilometri impietoso.
Presto troppo presto la bolla si romperà restituendomi al mondo reale, corse e rincorse  senza senso comune della vita di tutti i giorni. Ecco, adesso ho voglia di arrivare. Solo arrivando, potrò ripartire. Presto
Arrivo in un mattino di  domenica sull’Obredoiro.
Colori sul selciato canti nel cielo riempiono la piazza  del Santo Guerriero.
Una cornamusa,discreta e intermittente, accoglie pellegrini e viandanti traghettandoli
verso il primo riposo: scheletro e anima si abbandonano, la mente si addormenta, per poco,
chè il cuore ne attiva canali e centrali. Momento magico di silenzio interiore e  profondo e vero.
Non importa se  Te Deum o We are the Champion riempiono l’aria e grida felici si rincorrono tra i colonnati. Il silenzio dell’anima, la mia anima è di roccia ed acciaio. Lì, sulla pietra calpestata dai secoli, la testa appoggiata  sul fido  compagno mi ascolto.  E piango.
Vola verso il cielo, frenato dalle gotiche volte, il turibolo  e fluttua tra le anime di pellegrini e viandanti, paralizzate dalla magia del pendolo.
Un canto dolce e antico si alza da mille scheletri e ne libera i cuori giunti alla meta il profumo dell’ Incenso riempie aria e narici e si mescola con lacrime di gioia e liberazione.
Si spegne la mente e dal botafumero scende una cappa leggera di amore.
Domenica d’autunno,  insolita e calda. Nel Campo della Stella mercatini e bar catturano pellegrini e viandanti.
Abbracciato il Santo Matamoros rivoli di voci  chiassose o discrete si sperdono  nelle strette vie della città, a caccia di ricordini made in China, ma omologati CEE,  dell’impresa ormai vinta.
Ritrovo al bar sguardi e volti e cadenze già sfiorati o incrociati durante il cammino.
Un abbraccio suggella la fine di percorsi condivisi ed ora finiti. Indirizzi e contatti passano di mano, alcuni per vivere, altri annegheranno nel mare dei ricordi dimenticati. Solo, vado al mercatino in cerca di una cassaforte dove riporre scampoli di questo tempo della mia vita tanto vivo e vissuto. Ne vedo di fogge e colori diversi, antiche e moderne, piccine e ingombranti, con chiavi o segreti…Nessuna mi piace e allora tutto ripongo nel cuore. Sarà più facile non perderlo.
Nella cucina dell’Albergue la notte blu cede il passo all’alba nera. Pellegrini e viandanti stanchi già sono pronti a ripartire  per l’Ultima delle Terre.
Sulla parete rosso corniola nomi di luoghi, caratteri infantili, lettere bianche…
Leon, Logrono El Cubo de la Tierra del Vino, Belorado, Zamora, Pamplona, Laxe,  O Cebreiro, Padron Siviglia…grandi città, puntiformi villaggi uniti dai passi del Cammino.
Chi arriva qui , a Campus Stellae, quei posti ha vissuto e sofferto,
Adesso, davanti  a un improbabile caffè ricorda e commenta: la pioggia di Oviedo, il sole di Artieda, o i colori di Pamplona, la folla di Sarriat e Tui,il parco di Lalin e… a me tornano alla mente  i timori di Lagos e di Cadice quando mille chilometri mi si  srotolavano davanti…
Racconti e ricordi si fondono nella fucina dell’Albergue . Un “Caldo Galliego” è pronto. Buonissimo. Per l’anima
Per me, che ad ogni arrivo a Santiago rimando  l’ultimo tratto al prossimo cammino, (e così ce ne sarà un altro!)  è già l’ora di andare all’aeroporto. Sul bus chiudo gli occhi  e ascolto il mio canto :
 
Scaricare sul Cammino 
pesi e amarezze, passo dopo passo 
tra incertezza e illusioni.
Chiedere al Cammino 
risposte a quesiti incancreniti nel tempo
tra attese e speranze 
mantenute vive da virtuali surrogati.
Trovare nel Cammino
motivi e ragioni 
per nuove traiettorie di vita e di amore…
Il Cammino ti aspetta e accoglie 
e accompagna verso inesplorati confini.
A te attraversarli.
 
 
 El otoño es dulce en Ferrol.
Me acompaña el negro amanecer mientras me dirijo hacia el puerto de una ciudad guerrera y  marítima: arsenales,  banderas y uniformes de cuarteles, chozas y cervecerías, marineros en busca de compañía lista. ¿Una noche? ¿Pocas horas? No importa: placer garantizado.
Una cerveza, un chupito, el resto se olvida. Ferrol, una ciudad noble, un casco urbano abandonado a emigrantes y gatos, presencias efímeras en calles desiertas.
En Ferrol cargo mi pensamientos en la mochila y me voy. Muelles, calas y diques, el puerto, la refinería y los astilleros, escenario perfecto para una ciudad costera y marineros.
Pontedeume me está esperando: sol alto, todavía cálido (caminé enérgicamente...) azul el cielo, turquesa el mar, y brillante.
            El catre me acoge y acuna mis sueños: la paz de la noche azul me envuelve, continúo mi viaje a través de los sueños y fantasmas, persiguiendo equilibrios precarios, por la asimetría de un tiempo tan fuerte y precioso del Camino que sigo.
            El amanecer negro de Pontedeume se tiñe de rosado y las piezas se reorganizan en un marco duro como la piedra de estas iglesias medievales que pasan a mi lado en el Camino hacia Santiago. Y entonces miro la luz rosada que ilumina el negro amanecer de Pontedeume, inundando de colores los prados, bosques y cielo, y ruego para que un poco de esa luz entre en mi corazón, lo ilumine indicándome el camino hacia adelante...
 
            Atravieso los valles verdes entre Pontedeume y Miño y camino solo conmigo excavando los rincones más ocultos de mi mente y corazón en busca de un yo del que muy poco se habla y muy poco se escucha.
Entre Mandes y Mendo, Betanzos me está esperando, la patria de los Kallikoimis. Tierra de larga historia y pueblos heroicos, embriagados por el buen vino de sus valles, ciudad elegante, iglesias preciosas, palacios con almas espléndidas. La humanidad del pueblo. Betanzos, una agradable parada en el camino a Santiago.
            A medida que el Camino fluye a mi lado y la tierra responde a mis pasos, y el cielo me cubre con su precioso manto, procedo a salvo. El viaje ya es el premio. Me hablo y me escucho en el silencio del alma, el corazón revuelto, esqueleto atento y listo para reconocer, con sensores muy finos, obstáculos y desafíos que puedan lastimar en cualquier momento.
            Es como la vida, el Camino: un viaje que sólo tiene la certeza del destino. Y yo, un viajero en un mundo cuesta arriba, observo y espero.
La punta del viejo palo golpea el asfalto, un marcapasos del esqueleto en marcha lento y seguro hacia la meta. El ruido del impacto rítmico es fuerte. La punta del palo viejo golpea la piedra de una antigua vía romana, suavizada por el desgaste del tiempo, golpea en la tierra comprimida del camino humedecido por el rocío de una noche de luna llena en octubre, casi en silencio. La punta del palo viejo golpea la arena de una playa hermosa pero inhóspita y no lo siento porque el palo viejo me acompaña, ahora, hacia la levedad del ser.
            No tengo ninguna prisa por llegar. Obradoiro me está esperando con sus adoquines, un colchón de plumas para los huesos de peregrinos y caminantes, dejado en el suelo, finalmente satisfechos.
No tengo ninguna prisa por llegar. El último albergue me espera, cubículos de un bote embarcado en la Piedra después del viaje, no importa cuánto tiempo, las velas se llenaron con todos los vientos de la rosa.
No quiero llegar y me detengo para mirar el mojón, un odómetro implacable.
Pronto, demasiado pronto, la burbuja se romperá y me devolverá al mundo real, las carreras y las persecuciones sin el sentido común de la vida cotidiana. 
Bueno, ahora quiero llegar. Solo llegando, podré partir de nuevo. Pronto.
Llego una mañana de domingo a Obradoiro.
Los colores en los adoquines, canciones en el cielo llenan la plaza del Santo Guerrero.
Una gaita, discreta e intermitente, da la bienvenida a peregrinos y caminantes  llevándolos hacia el primer descanso: el esqueleto y el alma se abandonan, la mente duerme, casi que el corazón activa los canales y centralitas. Momento mágico de silencio interior, profundo y verdadero.
            No importa si Te Deum o We are the Champion llenan el aire y los gritos felices se persiguen entre las galerías. El silencio del alma, mi alma es de roca y acero. Allí, en la piedra pisada por los siglos, mi cabeza apoyada en mi fiel compañero me escucha. Y  lloro.
El incienso vuela hacia el cielo, frenado por las bóvedas góticas y flota entre las almas de peregrinos y caminantes, paralizadas por la magia del péndulo.
Un canto dulce y antiguo se levanta de mil esqueletos y libera sus corazones llegados a la meta. El olor a incienso llena el aire y las fosas nasales y se mezcla con lágrimas de alegría y liberación.
La mente se apaga y del botafumeiro sale un ligero manto de amor. 
            Domingo de otoño, inusual y cálido. En los mercados y bares del Campo de la Estrella se reúnen peregrinos y viajeros. 
            Abrazado  el Santo de Matamoros, riachuelos de voces ruidosas o discretas se pierden en las estrechas calles de la ciudad, en busca de recuerdos hechos en China, pero con aprobación de tipo CEE, de la compañía ya ganada.
Encuentro en el bar: miradas y caras y cadencias ya vistas o encontradas durante el viaje.
Un abrazo sella el final de caminos compartidos y ahora terminados. Las direcciones y los contactos cambian de manos, algunos para vivir, otros se ahogarán en el mar de recuerdos olvidados. Solo, voy al mercadillo en busca de un lugar seguro donde pueda guardar restos de este tiempo en mi vida tan vívido y vivo. Veo diferentes formas y colores, antiguos y modernos, pequeños y voluminosos, con claves o secretos... No me gusta nada y todo está en mi corazón. Será más fácil no perderlo.
            En la cocina de Albergue la noche azul da paso al alba negra. Peregrinos y viajeros cansados ​​están listos para partir hacia la última parada.
En la pared rojo cornalina hay nombres de lugares, personajes infantiles, letras blancas...
León, Logroño, El Cubo de la Tierra del Vino, Belorado, Zamora, Pamplona, ​​Laxe, O Cebreiro, Padrón de Sevilla... grandes ciudades, pueblos puntuales unidos por los pasos del Camino.  Aquellos que llegan aquí, a Campo de la Estrella, esos lugares han vivido y sufrido, ahora, frente a un café improbable, recuerda y comenta: la lluvia de Oviedo, el sol de Artieda, o los colores de Pamplona, ​​la multitud de Sarriá y Tuy, el parque de Lalin y... para mí los temores de Lagos y de Cádiz cuando se desplegaron mil kilómetros delante de mí...  Historias y recuerdos se funden en la fragua del Albergue. Un "Caldo Gallego" está listo. Delicioso. Para el alma.
 
            Para mí, cada vez que llego a Santiago, remito la última sección al siguiente camino (¡así habrá otro!) Ya es hora de ir al aeropuerto. En el autobús cierro los ojos y escucho mi canción:
Descargar en el camino
pesos y amarguras, paso a paso.
entre la incertidumbre y las ilusiones.
Preguntarle al camino
Respuestas de consultas corregidas en el tiempo.
entre esperas y esperanzas
mantenidas vivas por imitaciones virtuales.
Encontrar en el camino
motivos y razones
para nuevas trayectorias de vida y amor...
El Camino te espera y te da la bienvenida.
y acompaña hacia fronteras inexploradas.
para que los cruces.
 

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