Mai come in questi giorni la parola "pace" è usata (e abusata) proprio mentre una guerra in piena Europa sta dettando le sue regole tragiche. Oggi mentre ascoltavo e riascoltavo questa parola gridata quasi dal Vescovo che officiava la Messa di mezzogiorno nella Cattedrale di Santiago, sentivo tutto il peso della impotenza che ci condanna a rimanere spettatori passivi di una tragedia che mai avremmo pensato di dover vivere. Oggi la chiesa era molto più affollata rispetto alle ultime volte dopo l'inizio della pandemia . Le tre navate principali della cattedrale erano affollate da un grosso gruppo di Caritas a festeggiare il settantacinquesimo anniversario della fondazione dell'associazione con un pellegrinaggio qui a Santiago e c'erano molti giovani con i segni evidenti del cammino nelle gambe e negli occhi. Ma poi ecco un fatto inatteso. Prima della Comunione il Vescovo ha invitato i presenti a scambiarsi un segno di pace senza far alcun riferimento alla distanza sociale. E allora tra le panche sono piovuti abbracci e carezze e strette di mano come non mi capitava di vedere in una chiesa da un paio di anni. In quel momento ho pensato che il segno di pace che ho visto scambiato tra persone amiche potrebbe essere un piccolo seme destinato a germogliare e ridurre un po' la volta questa distanza sociale che tanto pesa soprattutto in queste giornate difficili di pena e di dolore.